Educare a ‘essere umani’
Un cambiamento globale per vincere ogni discriminazione e prevenire la violenza in ogni forma.
Nessuno nasce aperto al “diverso”: l’essere umano nutre diffidenza per il diverso. A causa di un forte istinto alla sopravvivenza ha una reazione di difesa per ciò che è differente, per ciò che non conosce, perché può nuocere.
Ma questo non è immutabile, anzi, il desiderio di conoscere e quello di oltrepassare le proprie paure e la propria sofferenza sono evidenti in molte manifestazioni dell’essere umano.
In ogni caso non possiamo darlo per scontato, è certamente necessario un percorso di educazione. Inoltre l’intolleranza per le diversità è sempre in evoluzione, e può nascondersi in ogni momento spaziale o temporale, in ogni momento in cui ci sia una nuova paura perché si palesa una nuova diversità.
Questa diffidenza per il diverso spesso si trasforma in paura, personale o collettiva, manipolata dagli interessi economici o governativi.
Da molti anni ci occupiamo di educazione alla nonviolenza nelle scuole, in famiglia, al lavoro perché cerchiamo di dare una risposta globale a ogni tipo di discriminazione, perché ogni tipo di discriminazione ha come radice la violenza.
Gli stereotipi sessisti, le disparità di genere e ogni tipo di manifestazione discriminante sanciscono la supremazia di un essere su un altro; e per questo generano violenza in chi subisce ma anche in chi agisce.
Sperimentiamo che ogni azione che si oppone all’espressione sincera e profonda di se stessi genera sofferenza e quindi violenza interna, da cui scaturisce quella esterna. In quest’ottica le espressioni della violenza sono tantissime.
In un mondo intriso di modelli culturali violenti e discriminatori è difficile stabilire cosa sia giusto e cosa sbagliato, cosa violento e cosa no.
Come facciamo a stabilire qual è la strada giusta da intraprendere come educatore o educatrice, come genitore, come direzione di vita? E che cosa è giusto?
Quello che in un’epoca è considerata verità nell’epoca successiva è considerata credenza. È ormai chiaro che le verità non hanno un valore universale, sono limitate al momento storico, alla cultura del luogo, luogo oggi sempre più ampio, ma non per questo più valido.
Per rispondere a questa domanda noi partiamo da due importanti considerazioni:
- l’oggetto della mia educazione è un essere umano
- i riferimenti per educare li cerco in me stesso come essere umano, dal momento che non posso fidarmi di un mondo intriso di violenza.
[…]
Dunque che cosa vuol dire educare a essere umani?
Vuol dire ribaltare completamente il modello culturale violento della supremazia di un essere umano su un altro, far sentire concretamente l’emozione che si prova nel riconoscere nell’altro la propria umanità, nell’esprimere l’atteggiamento che ci rende più felici, nel prendere la direzione che supera la sofferenza e la violenza in ogni forma.
Questa ricerca del sentirsi umani si appoggia a dei “registri”, dei vissuti che noi abbiamo e che sono un segnale, un indicatore di essere sulla strada evolutiva.
Nell’educazione alla nonviolenza facciamo sperimentare a ragazzi e ragazze, educatori e educatrici, insegnanti, genitori due indicatori principali, uno rivolto verso il mondo interno e uno verso il mondo esterno.
[…]
Parliamo di uno stile di vita nonviolento e non di azioni isolate. Certo qui l’aspetto informativo relativamente alle discriminazioni e gli stereotipi è decisamente scomparso, per far posto a un aspetto educativo di base.
Ma è la radice che bisogna cambiare: non possiamo chiedere pere a un albero di noci.
Per fare qualche esempio concreto, tra le varie proposte che portiamo ai genitori e agli/alle insegnanti nei nostri incontri di nonviolenza noi suggeriamo:
_ di non dire che mamma e papà possono fare gli stessi lavori in casa, ma che la collaborazione tra i componenti della famiglia è molto importante per la felicità di quella piccola comunità;
_ di non dire che anche le donne possono raggiungere luoghi di potere, ma che la collaborazione tra le persone è più importante di qualsiasi competizione anche nel campo lavorativo;
_ di non dire a un bambino di non picchiare le sue compagne, ma educare un bambino a non imporsi su un altro essere umano, seguendo le parole di Silo, pensatore contemporaneo: ‘Niente al di sopra di un essere umano, nessun essere umano al di sopra di un altro’.
Se faccio capire e sperimentare a mio figlio o mia figlia che ogni cosa che procura sofferenza è violenza e viceversa, che ogni risposta la può cercare dentro di sé, che se si pone la domanda con sincerità e con profondità, si avrà una risposta sincera e vera, si può capire che non ho molto altro da insegnare…
Educare questi piccoli esseri umani a diventare adulti con queste profonde verità, sentirsi uguali indipendentemente dalle diversità naturali e culturali, sapere di poter trasformare la propria natura, la propria condizione di origine, sapere di avere davvero pari opportunità, condurrà a porre le basi per una trasformazione radicale, aiuterà a superare le piccole e grandi sofferenze che accompagnano quotidianamente la vita di ogni individuo di ogni età, rendendoci davvero liberi e libere di essere e diventare ciò che desideriamo.
Quando abbiamo fiducia nella nostra umanità e in quella degli altri riusciamo a trovare la nostra direzione di vita, l’espressione di noi stessi senza provocare sofferenza in noi e in chi ci circonda; da lì il passo per non avere paura della diversità è semplice, anzi solo da lì è possibile apprezzare ed esaltare la bellezza e la ricchezza delle nostre differenze.
Questo intendiamo quando parliamo di educare a essere umani.
Estratto dell’intervento di Annabella Coiro, referente dei progetti di educazione del Centro di Nonviolenza Attiva di Milano, al Convegno “Foto di gruppo a colori – per un’educazione al rispetto e alla pluralità.” Casa delle donne di Milano